Scompenso cardiaco, malattia over 65 spesso sottovalutata
In Italia sono oltre 600 mila le persone con diagnosi di scompenso cardiaco e il numero cresce fino a 3 milioni considerando le forme latenti. Si tratta in diversi casi di over 65. In media alla diagnosi l’età è di 76 anni. Secondo gli specialisti è una patologia sottovalutata.
«Non desta, erroneamente, particolare preoccupazione e lo si sottovaluta – spiega Francesco Vetta, cardiologo e aritmologo presso le case di cura Paideia e Mater Dei di Roma – al contrario, la percezione che si ha verso il tumore e le sue varie forme è di gran lunga maggiore. Questo “gap culturale” dipende dalla scarsa informazione. Eppure la mortalità nello scompenso cardiaco è molto più alta: circa il 50% dei pazienti, a distanza di 4-5 anni, muore».
Questo e altri temi verranno affrontati al 14° Congresso di Cardiogeriatria, organizzato da Sigot, Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio. Lo scompenso cardiaco consiste in un’alterazione della struttura e della funzione cardiaca che provoca un’insufficiente funzione di pompaggio del cuore. Le conseguenze sono affanno, gonfiore agli arti inferiori, ridotta tolleranza allo sforzo, affaticamento.
La condizione può aggravarsi fino a portare all’edema polmonare acuto e alla morte. Dopo i 65 anni rappresenta la prima causa di ricovero in ospedale. La prevalenza passa dal 2% tra i 40 e 59 anni, al 5% tra i 60 ed i 69 anni, raggiungendo il 10% oltre i 70 anni. La spesa ospedaliera annua per questa malattia è di 570 milioni di euro, quella complessiva di 780 milioni. Accanto alla terapia farmacologica, migliorata, vi è anche la possibilità di impianto di defibrillatori e pacemaker.
«Chi soffre di scompenso è particolarmente esposto al rischio di morte improvvisa, con percentuali superiori al 50% dei casi – aggiunge Vetta – un defibrillatore può interrompere le aritmie ventricolari ove necessario, salvando la vita. Purtroppo, l’accesso riguarda ad oggi solo il 35-40% dei pazienti». (ANSA)